Disturbo ossessivo-compulsivo

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM V) per fare diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo è necessaria la presenza di ossessioni (pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti che sono vissuti come indesiderati e intrusive) e compulsioni (comportamenti e/o azioni mentali ripetitive che un individuo si sente obbligato a compiere in risposta a un’ossessione o secondo regole che devono essere applicare rigidamente). Le ossessioni e le compulsioni causano ansia o disagio marcati.
Il disturbo ossessivo-compulsivo prevede la presenza di ossessioni, compulsioni o entrambi e si caratterizza per il dubbio di aver fatto o di non aver fatto qualcosa che si percepisce estremamente significativo, dannoso e pericoloso per sé o per gli altri (es. “E se avessi contratto l’aids a causa della mia sbadataggine?”)
Secondo il criterio B del DSM-5, il disturbo ossessivo compulsivo è una versione esasperata della normalità e quindi esiste un continuum tra questo disturbo e normalità, vale a dire che non vi sono differenze qualitative (ossia nel contenuto dei pensieri intrusivi o nelle soluzioni messe in atto per gestire i pensieri) ma solo quantitative (ossia nella gravità del dubbio, nella sua frequenza e nelle dimensioni dei provvedimenti).
Secondo le ricerche, i pensieri che intrudono nella mente degli individui ossessivi riflettono i loro timori e questi, seppur analoghi ai timori della popolazione generale, sono valutati molto più negativamente rispetto alla popolazione generale che tende a dare ai propri pensieri meno importanza, meno attenzione e minore significatività. I pensieri ossessivi dell’individuo ossessivo-compulsivo sono caratterizzati da intrusività, ossia:
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  • possono comparire nella mente dell’individuo in modo del tutto scollegato dal contesto (es. il dubbio di aver toccato qualcosa di potenzialmente contaminante può comparire mentre si è a casa da soli mentre si guarda un film).
  • Sono esperite dall’individuo in contrasto con i suoi valori (es. nella mente di una persona profondamente religiosa può intrudere un pensiero blasfemo , mentre in un individuo che si definisce “razionale” possono intrudere pensieri privi di senso.
  • Sono incongrue con la visione che l’individuo ha della realtà (per es. il dubbio che ai propri cari possa succedere qualcosa di brutto se non si fanno dei rituali scaramantici è incongruo con la visione di realtà dove non esistono nessi causali magici).

In riferimento alle compulsioni (azioni mentali o concrete finalizzate a fronteggiare la minaccia -prevenendola o neutralizzandola – posta all’individuo dalle ossessioni o a contenerne il distress), sono similari a quelle delle persone non ossessive (comportamenti di controllo/check, evitamenti, tentativi di distrarsi o di sopprimere i pensieri ossessivi, richieste di rassicurazioni, ruminazioni, rimuginii), la differenza principale si trova nell’accuratezza, nella ripetitività e nella persistenza dei tentativi di soluzione ossessivi che dipendono dalla logica che li guida: la ricerca della prova certa che l’evento temuto non sia possibile e il tentativo di escludere con certezza la possibilità che si verifichi ciò che è temuto. Per questo motivo le compulsioni negli individui ossessivi diventano ripetitive e ritualizzate.
Inoltre, le compulsioni nonostante siano intenzionali e, spesso, anche deliberate (cioè frutto di una propria libera scelta), vengono però vissute come atti coatti ossia l’individuo si sente costretto a metterli in atto con regole ben precise.
Le emozioni esperite dai pazienti ossessivi principalmente sono l’ansia, il disgusto e la colpa, in particolare minaccia più profonda e dolorosa per il paziente ossessivo, non è tanto l’arrecare un danno a sé stessi o agli altri, ma il timore di provare senso di colpa a seguito di un agito irresponsabile e quindi per propria sbadataggine, dimenticanza, distrazione, superficialità, disattenzione o omissione.
Il modello cognitivo utilizzato per la terapia del disturbo ossessivo-compulsivo (Mancini, 2001) mira insieme al paziente a ricostruire lo schema di funzionamento della propria sintomatologia, si procederà poi a lavorare su tutti i processi ricorsivi, di mantenimento e aggravamento del disturbo (per es., accettazione della minaccia, rinuncia a mettere in atto le compulsioni, incrementare l’accettazione del rischio, riduzione della credibilità delle valutazioni di minaccia, della sovrastima del danno e della sovrastima della responsabilità, incremento della tolleranza a sensazioni corporee sgradevoli e/o spiacevoli..).
Nello specifico, è possibile contrastare il disturbo ossessivo-compulsivo perseguendo due obiettivi strategici: 1. L’interruzione o riduzione dei processi ricorsivi che alimentano e mantengono il disturbo, 2) la riduzione della sensibilità del paziente verso la colpa e la sua disposizione generale a sentirsi moralmente disprezzabile.